Il treno ha fischiato... Il protagonista della novella è Belluca, un uomo modesto, che lavorava come contabile. Belluca, impiegato modello, puntuale e sottomesso, ad un tratto era andato fuori di testa e si era ribellato al suo capoufficio. Nessuno l’aveva mai visto così. La narrazione inizia in medias res1 con il dialogo tra i colleghi di ufficio che ritornavano dall’ospizio, (dove erano andati a vedere Belluca), e che sembravano provare un piacere inquietante nel riportare i nomi di patologie che avevano sentito dai dottori. Nella prima unità il racconto è condotto da una voce narrante esterna (il narratore è extradiegetico), che ricostruisce il fatto tramite la tecnica dell’analessi, dal punto di vista dei colleghi d'ufficio del protagonista. Dopo anni di angherie in cui a testa bassa ha continuato a svolgere il proprio lavoro in maniera scrupolosa e impeccabile, senza reagire minimamente ai richiami, alle battute e agli scherzi crudeli di colleghi e del capoufficio, una mattina si presenta in ufficio in ritardo, con un’aria stordita e placida, e vi trascorre l’intera giornata in maniera inconcludente. Ripreso dal capoufficio, Belluca reagisce inveendo e farneticando contro di lui. Urlando racconta di un treno che ha fischiato nella notte e che lo ha portato lontano. Viene creduto pazzo. Quindi, imbragato in una camicia di forza, viene portato all’ospizio dei matti mentre egli continua ad imitare il fischio del treno ed a raccontare di viaggi in posti lontani. Se il clima sul posto di lavoro è oppressivo, la vita tra le
mura domestiche non è meno deprimente. La voce narrante si personalizza sotto le spoglie di un vicino di casa (il narratore diventa allodiegetico2), che annuncia di possedere la chiave di una verità che agli altri sfugge. Ecco come ci viene descritta la sua squallida esistenza dalla voce narrante, quella del vicino di casa: la sua era una vita impossibile, oppresso non solo da un’umiliante condizione lavorativa ma anche da una squallida vita familiare, scandita dal lavoro in ufficio e dalla assistenza a tre donne cieche (la moglie, la suocera e la sorella della suocera), con cui, insieme alle due figlie vedove ed ai loro sette figli, era costretto a dividere l'angusta casa ed i pochi soldi. La sera lavorava anche fino a notte fonda per arrotondare le entrate, e poi esausto si coricava su un divano sgangherato. L'io narrante diventa ora personaggio fondamentale del racconto: recandosi a trovare Belluca, avrà da lui la spiegazione del suo naturalissimo caso. Una notte, buttandosi esausto sul suo divano, 1 dall’espressione latina “nel mezzo delle cose, nel mezzo degli avvenimenti” 2 quando il narratore si limita ad essere un testimone-osservatore 1
all'improvviso aveva udito il fischio di un treno, ed aveva cominciato a pensare ad un viaggio in luoghi lontani, esotici, o in città conosciute in gioventù. Il mondo gli era entrato nello spirito, quel mondo che lui aveva dimenticato e che ad un tratto aveva ricominciato ad esistere per lui. La novella, costruita secondo la tecnica del racconto-inchiesta, è il resoconto di un caso -la presunta pazzia di Belluca- condotto attraverso un doppio racconto: dal punto di vista dei colleghi e dal punto di vista del personaggio, portatori di due verità, tra le quali funge da mediatore un narratoretestimone che fa il resoconto della vita del protagonista, materializzandosi nel corso del racconto come suo vicino di casa, e riflette su entrambe le verità, ristabilendo la giusta interpretazione (la focalizzazione è interna multipla secondo la terminologia di Genette). Il testo si articola in quattro macrosequenze: la prima costituisce l'episodio, in cui viene data per scontata la pazzia di Belluca secondo il verdetto dei medici e il filtro soggettivo dei colleghi, la seconda che racconta dalla prospettiva di questi ultimi, in analessi e nei dettagli la giornata in ufficio culminata con la ribellione di Belluca e il suo trasferimento all'ospizio, oltre alle impressioni riportate l'indomani durante la visita all'ospizio; la terza in cui il narratore ricostruisce, in quanto persona informata sui fatti, con una seconda analessi, le condizioni di vita in famiglia del protagonista; la quarta dello stesso protagonista che riprende, a partire dal fischio del treno, lo stesso episodio raccontato dai colleghi, con una puntata retrospettiva ai ricordi della lontana giovinezza affiorati alla coscienza e una conclusiva prolessi sui suoi progetti futuri. Aveva compreso che oltre quella casa orrenda c'era il mondo ed il solo pensiero l'avrebbe consolato dalle angustie quotidiane. Questo gli bastava. Naturalmente avrebbe ripreso la sua vita, avrebbe continuato il suo lavoro di computisteria, si sarebbe scusato con il capoufficio, il quale gli avrebbe concesso, di tanto in tanto, una fuga immaginaria in Siberia o in Congo, su quel treno che fischiava. Nella visione desolata del vivere e nel suo nihilismo esistenziale la scoperta della natura o di luoghi incontaminati è l'unico porto, rifugio di riposo per gli uomini affannati. Si tratta dunque di una novella che esalta la costruttività "frantumata" del narratore pirandelliano, con la decomposizione e ricostruzione continua della linearità temporale, la variabilità dei punti di vista, la metamorfosi della voce narrante (che tende sempre di più ad assumere il ruolo di interprete veritiero dei fatti), l'alternarsi di momenti rappresentativi e scenici e di pause meditative. I motivi tematici che Pirandello mette in gioco in questa novella sono: prigione del quotidiano, alienazione a sé e al mondo esterno, della nozione di follia (quello di Belluca, per chi sappia esaminarlo in profondità, è un caso "naturalissimo"), fuga nel lontano dello spazio (o del tempo)
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