Saggio breve sulla divina commedia Tema: la politica nella divina commedia Argomento: il tema politico nell’Inferno e nelle altre cantiche della Divina Commedia Titolo: Dante espone le sue idee politiche nella Commedia [Cappelletto] La Divina Commedia, capolavoro di Dante Alighieri, può annoverare moltissime tematiche al suo interno, tra le quali una particolare posizione assume quella politica. Questa fu, infatti, per Dante una delle occupazioni più importanti nel corso della sua vita. [Introduzione]A differenza della Vita Nova, dunque, non è solo l’amore il tema principale che muove l’opera, bensì anche la Politica. Risulta inoltre evidente l’intenzione del poeta di voler porre la Politica come un tema fondamentale se si osservano le posizioni dei canti politici all’interno dell’opera: l’autore inserisce il tema politico in ogni VI canto di ogni cantica. [I Argomentazione] E’ certamente nell’Inferno che il tema politico è maggiormente percepibile, come ben dimostra il VI canto, nel quale Dante incontra Ciacco. Qui, Dante Auctor lascia pronunciare al dannato una serie di critiche contro la città di Firenze e i suoi abitanti, a cominciare dalla stessa presentazione del dannato che si dichiara cittadino della città “piena d’invidia”. E’ chiaro, dunque, che il Poeta intende esprimere un giudizio assai negativo nei confronti della “città partita”. Ciacco, inoltre, rivelando la profezia dell’imminente esilio di Dante, ribadisce la presa di potere della fazione Nera e il disprezzo per questa parte. Ma il VI non è l’unico canto infernale che possiede tematiche politiche: il X canto infernale, ad esempio, include un forte messaggio politico. Dante si trova infatti a parlare con l’anima di Farinata degli Uberti, fiorentino di parte Nera che aveva causato numerosi problemi al governo Bianco. Nel corso del dibattito tra i due, è possibile cogliere lo stesso disprezzo manifestato nel VI canto contro la fazione avversaria (“ma i vostri non hanno appreso bene quell’arte”). [II Argomentazione] Se però Dante limita i suoi pensieri alla sola città di Firenze nell’Inferno, col procedere dell’opera sembra attuare un processo di estensione. Nel successivo canto politico, ovvero il VI Purgatorio, nel quale Dante immagina l’incontro di Virgilio con l’anima di Sordello da Goito (“O Mantoano, io son Sordello de la tua terra!”), il poeta compie un successivo o nell’esprimere la sua idea politica. Sordello prosegue, dunque, con il secondo atto del trittico dei canti politici principali, già iniziato con Ciacco nell’Inferno. L’obiettivo della seconda invettiva è però la corruzione politica in cui versa la “serva Italia di dolore ostello”, vittima delle azioni delle due autorità dell’epoca, ovvero il Papato(“gente di Chiesa”) e l’Impero(“Alberto tedesco”), troppo impegnate a preoccuparsi dei loro interessi. *III Argomentazione+ L’ultimo atto del trittico è infine rappresentato dal VI canto del Paradiso. Se l’Italia era il confine del VI canto del Purgatorio, nuovamente Dante allarga la visione, questa volta a tutto l’impero. E’ Giustiniano che porta avanti l’invettiva, dapprima riassumendo la storia dell’Impero, quindi prosegue attaccando violentemente ghibellini e guelfi. A costoro rivolge inoltre una critica maggiore, poiché essi si accostano alla corona se opponendosi alla corona imperiale (“e non l’abbatta esto Carlo novello coi Guelfi suoi…”), che è simbolo di pace e giustizia. Dante, quindi, sceglie di terminare la sua invettiva accusando entrambe le parti: risulta evidente che secondo il Poeta sia responsabilità comune il degrado e la corruzione nella quale versa l’Italia del 1300.