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Le leggende di Cracovia

By Jaroslaw Skora

SMASHWORDS EDITION

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Copyright 2012 by Jaroslaw Skora

Traduzione: Magdalena Warzecha

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Indice:

Qualche notizia su Cracovia

Qualche parola sulle leggende

Il drago del Wawel

Il Signor Twardowski

Il piede della regina Edvige

L'anello di S. Cunegunda

Hejnal

Il chakra di Wawel

Due fratelli e due torri

La Dama Nera

Il girovago misterioso

La testa di Wawel

Il tumulo di Krak

Le colombe incantate di Cracovia

Lajkonik

Il prete che volle diventare vescovo

Il pozzo di Tyniec

I tesori di Krzysztofory

La campana di Sigismundo

Esterka

Un matrimonio ebreo

Qualche notizia su Cracovia

Cracovia è la seconda città per grandezza della Polonia. Si trova nella parte meridionale del paese sul fiume Vistola. Cracovia è un'antica capitale della Polonia. Potrete trovarvi il castello reale sul colle Wawel e molti altri posti interessanti. La città infine è un importante centro culturale, studentesco e turistico della Polonia.

Qualche parola sulle leggende

Cosa sono in realtà le leggende o racconti popolari? Sono solo delle favole inventate per i grandi e piccoli? Non neccessariamente perchè in ciascuna leggenda si nasconde un pizzico di verità arricchita dal fascino di un pò di fantasia e qualche piccola bugia. In fondo la leggenda è sorella della storia. Le leggende sono i racconti più importanti per la nostra tradizione e per la nostra cultura. Ogni popolo ha infatti le proprie leggende.

Le leggende hanno anche un aspetto educativo. Portano come messaggio valori positivi, universali per qualsiasi cultura e fede. Promuovono infatti le carattaristiche buone della natura umana e denigrano ogni suo difetto.

Le leggende di Cracovia si collegano agli avvenimenti e ai luoghi storici della città. Tra i loro personaggi ci sono persone che hanno fatto parte della storia della Polonia. Altre leggende si basano sulla religione: dalla fede pagana fino alla religione cattolica che è stata predominante negli ultimi mille anni. Compaiono anche storie della cultura e religione ebraica legate a Cracovia e alla Polonia in modo indissolubile.

Ora siediti comodamente caro lettore e lasciati trasportare nell'incredibile mondo delle leggende...

Il drago del Wawel

Tanto tempo fa dietro l'ansa del fiume Vistola sorgeva Cracovia. La città era stata fondata dal leggendario Krak il quale venne nominato re in pochissimo tempo dagli abitanti in segno di riconoscenza. Subito sopra al fiume dominava un bianco colle calcareo chiamato Wawel. Su questo colle il re Krak fece costruire un castello meraviglioso - sede dei re polacchi - e non molto tempo dopo ci andò ad abitare lui stesso.

Il re Krak era un sovrano buono e saggio e come tale era amato da tutti i cittadini. Sotto il suo regno la città si era ingrandita notevolmente. Sorsero nuove case e strade, un solido muro difensivo vegliava sulla sicurezza dei cittadini.

Nei dintorni della città nacquero numerosi villaggi. I terreni erano molto fertili e i raccolti dei contadini erano sempre ricchi in grano, verdure e frutta. Sui prati nei pressi della Vistola centinaia di mucche, pecore e montoni pascolavano assicurando il benessere a tutta la zona circostante. Il popolo viveva felice, sereno e nel benessere. La vita avrebbe continuato a scorrere serenamente ma iniziarono a verificarsi strani incidenti. Il bestiame iniziò a scomparire dai pascoli. All'inizio si trattava solo di pochi capi, poi di interi branchi. Alcuni sostenevano che il colpevole proveniva dalle parti del castello.

Questo era troppo. Il re convocò in riunione tutti i capi villaggio ed i suoi consiglieri.

“Chi è così audace da derubare i miei sudditi?” chiese il re Krak.

“Lo ignoriamo signore.” risposero i capi villaggio.

“Eppure non può continuare così, dobbiamo smascherare e catturare il ladro.” disse il re.

“Si abbiamo il dovere di proteggere i cittadini.” concordarono i capi villaggio.

“Che pattuglie di cortigiani a turni osservino cosa succede intorno al castello di notte e di giorno.” propose uno dei consiglieri.

“Ottima idea, che sia fatto!” gridò il re.

Il giorno stesso i cortigiani iniziarono a pattugliare. I primi giorni non riuscirono a scoprire nulla ed intanto il bestiame continuava a sparire. Ma una delle notti seguenti il terribile mistero venne finalmente svelato. Quella notte alcuni cortigiani in pattuglia, osservando le rive del fiume Vistola, udirono dei rumori alquanto strani. Avvicinatisi silenziosamente al luogo dal quale provenivano i rumori si trovarono di fronte ad una visione spaventosa. Ai piedi del colle Wawel, davanti ad una grande grotta, sedeva un drago. Il rettile era gigantesco. Dalla bocca piena di denti affilati sputava fumo velenoso e fuoco. Il suo enorme corpo ricoperto di squame si reggeva su quattro zampe munite di grandissimi artigli. La bestia aveva anche una coda gigante che terminava in un masso ossuto. Il drago, emettendo dei ruggiti inquietanti, aveva appena finito di divorare pecore e mucche rubate ai cittadini. Poi si recò al fiume e per qualche tempo bevve l'acqua dalla Vistola, quindi rientrò nella grotta. Vedendo ciò i cortigiani terrorizzati corsero ad avvisare il re.

Alla terribile notizia il re comandò che le guardie del palazzo uccidessero il mostro, ma il drago risultò molto più forte e divorò tutti i coraggiosi per cena.

Il drago iniziò poi a pretendere dei sacrifici. Ogni giorno gli abitanti dovevano portargli qualche mucca, pecora o qualche montone, eventualmente del pollame. Il drago più mangiava e più pretendeva. Con il tempo divenne talmente sicuro di sè da rapire giovani fanciulle. Gli abitanti di Cracovia iniziarono a vivere nel terrore. Avevano paura di uscire di casa. Il re decise dunque di convocare nuovamente i capi villaggio e i consiglieri.

“Consigliate o saggi signori, cosa fare? Come posso salvare il mio amato popolo e la città?" chiese il re.

“Dobbiamo uccidere il drago.” risposero i capi villaggio.

“E come farlo?” domandò il re. “Sapete anche voi che fine hanno fatto le guardie del castello! Esiste forse tra di noi un uomo tanto audace da uccidere la bestia?”

Un sordo silenzio invase tutta la sala. Nessuno infatti era tanto coraggioso da sfidare in combattimento il drago.

“Chiediamo aiuto ai cavalieri più valorosi dei regni vicini.” propose un consigliere. “Bisogna soltanto offrire una lauta ricompensa.”

“Buon consiglio” disse il re. “A colui che ucciderà il drago darò mia figlia in moglie e metà del mio regno.”

Fecero come decisero. La notizia della favolosa ricompensa per l'uccisione del drago venne diffusa ovunque. Cavalieri provenienti da tutto il mondo arrivarono

a Cracovia. I più valorosi tra i valorosi. Molti tentarono di uccidere il drago e conquistare il premio, ma nessuno riuscì nell'intento.

Il mostro continuava a tormentare la città seminando panico e terrore. Sembrava che per il regno del re Krak non ci fosse più alcuna salvezza.

Fortunatamente nei pressi del colle Wawel abitava il giovane calzolaio Skuba. Fu lui a decidere di trovare il modo per uccidere il drago. Stava già pensando a questo problema da una settimana intera quando ebbe un'idea eccellente. Si recò al castello, si presentò al cospetto del re e disse:

“Mio signore, io so come annientare il drago.”

“Come pensi di farlo ragazzo?” domandò il re.

“Mi serviranno la pelle di un gran montone, la pece e un pò di zolfo.” rispose Skuba.

Udendo queste parole il re si sorprese enormemente, ma allo stesso tempo si rallegrò all'idea di un valoroso pronto ad uccidere il drago. Abbracciò il calzolaio e ordinò che la servitù della corte procurasse a Skuba tutto ciò di cui aveva bisogno. Il giovane calzolaio ottenne così la pelle di un grosso montone, due sacchi di zolfo e una botte piena di pece. Skuba iniziò i lavori con agilità. Primaditutto cucì la pelle. Successivamente la farcì con zolfo e pece. Infine diede astutamente alla pelle cucita la forma di un montone in modo che sembrasse vero.

Una volta finito, Skuba prese l'enorme montone sulle spalle e si diresse verso la grotta del drago. Senza alcun problema lasciò il montone all'entrata della grotta perché il drago stava riposando. Poi si nascose tra i cespugli aspettando di vedere il risultato del suo lavoro.

Due ore dopo il drago si svegliò, saltò fuori dalla grotta e divorò il montone.

arono appena pochi minuti quando un ruggito fortissimo scosse la città ed il castello. La polvere da sparo e la pece nascoste nella pelle del montone iniziavano a far effetto. Il drago sentiva un terribile bruciore nello stomaco.

Assetato corse verso la riva del fiume Vistola e iniziò a bere velocemente. Beveva, beveva e beveva per spegnere il fuoco che gli bruciava le interiora. Si gonfiava sempre di più e quando sembrò che avrebbe bevuto tutta l'acqua della Vistola, all'improvviso scoppiò facendo un grande baccano!

Fu in questo modo che a Cracovia tornò a regnare la felicità. Il coraggioso calzolaio divenne l'eroe della città. Come da promessa fatta dal re, Skuba ottenne metà del regno e sposò la figlia del re.

In memoria di questo avvenimento, nelle vicinanze della grotta ai piedi del colle Wawel, si erge oggi una statua del drago che sputa fuoco.

Il Signor Twardowski

Nel XVI secolo a Cracovia viveva un nobile. Si chiamava Jan Twardowski. Era una persona colta e assetata di conoscenza in ogni campo. In particolare si interessava alla magia e all'alchimia. Per molti anni aveva fatto esperimenti e condotto studi di libri per apprendere la capacità di fare magie. Infine era arrivato alla conclusione che l'uomo non può fare magie senza il sostegno delle forze sovrannaturali.

Decise dunque di invocare il diavolo. Preparò una miscela magica e pronunciò gli incantesimi. All'improvviso le candele nella sua camera si spensero per un istante e si diffuse un rumore terrorizzante. Nella poca luce riuscì a scorgere una sagoma scura. Era il diavolo. All'apparenza sembrava una persona. Era magro, il corpo era ricoperto di un lungo pelo, in testa aveva dei cornetti appuntiti, al posto dei piedi aveva i zoccoli, le dita delle mani erano munite di unghie lunghissime e dietro aveva una coda penzolante.

“Salve, signor Twardowski.” disse il diavolo.

“Sei il diavolo o solo un'illusione?” domandò Twardowski.

“Sono il diavolo, sei stato tu ad invocarmi,” disse il diavolo, “cosa posso fare per te?”

“Voglio imparare a governare le forze misteriose, voglio fare magie!” gridò Twardowski “Puoi insegnarmelo?”

“Certo che posso, ma non senza una ricompensa.” disse il diavolo.

“Cosa vuoi? Ricchezza?” chiese Twardowski.

“No, basta che tu mi consegni la tua anima.” disse il diavolo sogghignando.

“Pretendi un prezzo terribile.” disse Twardowski pensieroso.

La sua testa brulicava di pensieri. Presto avrebbe potuto realizzare i suoi desideri, ma ad un caro prezzo. All'improvviso la sua mente partorì un piano diabolico. Disse al diavolo:

“Va bene, acconsento ma a due condizioni.”

“Quali?” chiese il diavolo.

“Inanzitutto dal momento in cui sottoscriverò il patto mi offrirai il tuo aiuto nel fare magie.” disse Twardowski.

“E la seconda condizione?” chiese il diavolo.

“Potrai prendere la mia anima solo quando mi troverò a Roma dove mi recherò tra qualche settimana.” aggiunse Twardowski sapendo che non si recherà mai nella città.

“D'accordo!” esclamò il diavolo felice che ben presto avrà una nuova anima a basso costo.

Il signor Twardowski firmò il patto con il proprio sangue. Il diavolo in cambio gli insegnò come usare le forze magiche. Inizialmente Twardowski utilizzò le forze magiche per suo puro piacere e per accrescere le sue ricchezze. Con il tempo iniziò ad annoiarsi e decise di sfruttare i suoi poteri magici per curare persone ed animali bisognosi. La gente lo chiamava maestro e benefattore, si diceva anche che sapeva fare della sabbia l'oro nonchè invocare gli spiriti.

Twardowski creò un grosso gallo sul quale attraversava tutto il paese facendo del bene alla gente incontrata. Le sue ricchezze e la fama in Polonia crescevano continuamente.

Un giorno il re Sigismundo Augusto lo invitò nel suo castello sul colle Wawel. Il re era allora molto triste dopo la perdita della sua amata moglie. Il re desiderava fortemente invocare lo spirito della moglie per vederla un'ultima volta. Twardowski fece sedere il re di fronte allo specchio d'argento e invocò lo spirito della consorte regale. Tale specchio conosciuto come lo specchio di Twardowski è tuttora custodito in una delle chiese di Cracovia.

In seguito a questo avvenimento Twardowski divenne il pupillo del re nonché mago della corte e consigliere. Il re gli donò infinite ricchezze e privilegi cosicché a Twardowski non mancava mai niente e poteva permettersi tutto.

Per tutto questo tempo il signor Twardowski stava ben attento a non avvicinarsi mai a Roma. Non dimenticava neppure che il diavolo doveva servirlo con devozione. Quindi gli ordinava di svolgere diversi compiti.

Una volta il diavolo dovette fare un frustino con la sabbia e salire su un cavallo dipinto sul muro, un'altra volta dovette fare il bagno nell'acqua santa, eseguì quest'ultimo ordine nonostante starnutisse ome un gatto inferocito. Twardowski esagerò a prendersi gioco del diavolo la volta dopo la grande alluvione che distrusse tutti i ponti sul fiume Rudawa. Con tutti i ponti distrutti divenne molto difficile per la gente attraversare il fiume cosa che rattristava molto Twardowski. Così fischiò al diavolo e gli disse:

“Raduna i tuoi compagni infernali e insieme costruite un bel ponte, vi do un'ora di tempo.”

“Ma come? Tanta fatica senza ricompensa? Farò quel che ordini, ma in cambio devi promettere di farmi portare all'inferno il primo essere vivente che attraverserà il ponte.”

“E patto sia!” esclamò Twardowski.

Subito dopo Twardowski si riunì con il suo assistente Michele. Chiacchierarono per un pò ridendo.

Il diavolo intanto aveva chiamato alcune delle guardie infernali per aiutarlo nella costruzione del ponte.

Insieme raccolsero velocemente del legno ed iniziarono i lavori. Conficcavano I tronchi nel fiume, costruivano i legamenti, battevano i chiodi. Nel frattempo, dall'altra sponda del fiume, Twardowski continuava ad osservarli.

“Il ponte è finito!” gridarono i diavoli in coro sfregando le mani dalla felicità al pensiero che finalmente porteranno un'anima all'inferno. Aspettavano con impazienza di vedere chi avrebbe attraversato il ponte per primo. All'improvviso Twardowski fece un gesto nell'aria, pronunciò un incantesimo ed in un batter d'occhio tre grassi maiali saltarono fuori da sotto terra. Il ponte si mosse tutto al aggio dei maiali che, una volta arrivati sull'altra sponda, arono sopra i diavoli inconsapevoli fino a quel momento di cosa stava succedendo. I diavoli calpestati, tra pianti e lamenti, sono tornati immediatamente all'inferno.

La notizia di questa triste avventura giunse persino al Signore degli Inferi Lucifero in persona. Quest'ultimo addirato convocò una grande riunione dei diavoli.

“Non può continuare così, bisogna finirla, quel Twardowski si sta prendendo gioco di tutto l'Inferno!” gridava Lucifero.

“Ma cosa possiamo fare signore?” chiedevano i diavoli.

“Come sarebbe cosa potete fare? Twardowski deve recarsi a Roma... Solo lì potrete acchiapparlo.” disse Lucifero.

“Quando lui non vuole!” gridavano rattristati i diavoli.

“Se non ci va di sua spontanea volontà, allora ce lo dovrete portare con l'inganno. Muovete il cervello, al lavoro! E se non ci riuscite, vi farò cuocere nella pece bollente per un anno intero!” gridava Lucifero.

“Sarà fatto signore.” dissero i diavoli inchinandosi.

I diavoli sapevano che con Lucifero era meglio non scherzare, quindi si misero duramente al lavoro. Organizzarono un piano ingannevole e lo misero in pratica.

Poco dopo, una seraTwardowski ricevette in visita un vecchio contadino.

“Aiutami signore, sono povero.” disse il contadino.

“Cosa hai?” chiese il maestro.

“Io sto bene signore, ma mia moglie è caduta gravemente malata ed io non ho i soldi per pagare il medico.” rispose il contadino.

“Dove si trova ora tua moglie?”

“In una locanda qui vicino, aiutami signore, in te ripongo tutta la mia speranza.” supplicava il contadino.

“Si è fatto tardi ma ti aiuterò, andiamo.” disse il maestro alzandosi.

Il contadino condusse il signor Twardowski per le scure vie della città fino all'entrata della locanda.

“Ecco è qui signore.” disse il contadino indicando la porta.

Come Twardowski attraversò la soglia, il diavolo saltò fuori da sotto terra con in mano il patto.

“Come stai diavolo?” chiese gaiamente Twardowski non sospettando nulla.

“Bene signore.” rispose seriamente il diavolo “sono qui per portarti a fare un lungo viaggio.”

“E dove dovrei io andare con te?” chiese il maestro.

“All'Inferno!” disse il diavolo.

“Sei impazzito? Sto forse male qui sulla terra?” disse incredulo Twardowski.

“Da noi starai peggio, ma non hai scampo. Ti ho sorpreso a Roma e sei mio!” gridò il diavolo.

“Mi sà che sei confuso perché ci troviamo in Polonia.” disse lentamente il

maestro.

“No, signore, questa locanda si chiama Roma e la tua anima mi appartiene!”

Sudore freddo bagnò Twardowski nel momento in cui comprese il suo errore. Come ha potuto permettere che il diavolo lo ingannasse così. Disperato fece un tentativo di fuga, ma il diavolo fu più veloce, lo acchiappò e tenedolo stretto volarò via attraverso il camino.

Mentre salivano sempre più sù si stava facendo giorno.

“Perché ho voluto fare magie invece di lavorare onestamente come gli altri, a cosa mi servono ora le grandi ricchezze?” pensò Twardowski. “Chi mi salverà ora dalle grinfie del diavolo?”

All'improvviso gli sembrò di sentire il suono delle campane, proveniente dalle chiese di Cracovia, arrivare fin su nel cielo. Si rammentò della preghiera alla Madre di Dio insegnatali da sua madre durante l'infanzia. Iniziò a pregare ad alta voce con grande devozione.

Udendo le parole della preghiera, il diavolo ullulò e lascio la presa. Twardowski iniziò a cadere giù. Dopo un'ora cadde su qualcosa di solido. Si venne poi a sapere che aveva atterrato sulla luna dove si trova tutt'ora ad osservare con grande nostalgia la terra e la sua amatissima città Cracovia.

Il piede della regina Edvige

Verso la fine del XVI secolo la giovane principessa ungherese Edvige d'Angiò arrivò in Polonia. Nel 1384 venne nominata regina della Polonia e due anni più tardi sposò il principe lituano Ladislao II detto Jagellone dando inizio alla dinastia degli Jagelloni. Assieme al marito la regina si stabilì nel castello di Wawel a Cracovia.

La regina Edvige era molto religiosa ed in quanto tale destinava le sue ricchezze al sostegno di molteplici chiese e conventi. Era anche molto caritatevole aiutando i poveri e prendendosi cura degli ospedali. Aveva inoltre lasciato tutti i suoi beni in eredità all'Accademia di Cracovia. Per tutte queste ragioni i sudditi amavano moltissimo la loro regina.

Secondo la leggenda, quando la regina decise di costruire una chiesa a Cracovia, le autorità cittadine indicarono immediatamente il luogo in cui far sorgere la costruzione mettendosi subito alla ricerca di muratori e costruttori.

I volontari arrivarono da tutte le parti del regno. Tra di loro c'era anche un giovane muratore molto povero arrivato in città con tutta la famiglia. Ogni giorno lavorava diligentemente e con grande impegno anche se i pochi soldi guadagnati bastavano a malapena a mantenere lui, la moglie ed i bambini.

Un bel giorno pieno di sole la regina decise di fare una eggiata per la città. eggiando ogni tanto si fermava vicino ai poveri: un vecchietto canuto, un bimbo senzatetto. Aiutava tutti donando loro le monete dal suo portamonete di pelle, offrendo un sorriso e parole di conforto.

“Grazie mia signora,” dicevano i sudditi inchinandosi, “che tu possa vivere a lungo nostra amata regina.”

Era quasi mezzogiorno quando la regina giunse dai lavoratori impegnati nella costruzione della nuova chiesa. Si femò e disse:

“Salve ragazzi.”

“Salve nostra signora.” risposero i muratori interrompendo i lavori.

“Come sta procedendo la costruzione?” chiese la regina.

“Bene, stiamo costruendo velocemente, non riposa nessuno.” dissero sorridendo i muratori.

La regina Edvige rispose anche lei con un sorriso. La regina li osservò attentamente per un attimo quando scorse un giovane senza sorriso fermo in disparte. Era magro e pallido, dagli occhi trapelava una tristezza tale da far commuovere il cuore della regina che gli andò vicino e gli chiese:

“Che cosa hai ragazzo? Ti è capitata fose qualche sventura? Raccontami.”

Il giovane muratore non riusciva a pronunciare parola. Era chiaro che le lacrime lo soffocavano. Vedendo questo la regina Edvige si rivolse al maestro che dirigeva la costruzione:

“Maestro, ditemi che cosa ha questo poveraccio? Lo vedete che non riesce a parlare.”

“Cosa ha mia signora? È semplicemente povero.” rispose il maestro. “La moglie si è ammalata, a casa ha dei bambini e lui non ha i soldi nemmeno per chiamare il medico.”

Udendo queste parole, la regina guardò nel suo portamonete ma scoprì che era vuoto. La sua eggiata era stata lunga e aveva già offerto tutto il denaro in suo possesso ai poveri incontrati per strada. Come fare? Non poteva ritardare ulteriormente il soccorso. Dunque senza pensarci troppo, posò il piede sulla pietra lavorata in quel momento, staccò dalla sua scarpetta la cinghia d'oro e la diede al giovane muratore dicendo:

“Prendi questa cinghia e recati subito dall'orafo. Lui ti darà qualche moneta. Usala per chiamare il medico.”

Dopo aver pronunciato queste parole la regina salutò i muratori e fece ritorno nel castello di Wawel.

Il giovane muratore tornò immediatamente a casa ed il giorno dopo si recò al lavoro felice perché sua moglie si sentiva meglio. Si mise al lavoro con impegno, ma quando iniziò a lavorare la pietra sulla quale la regina aveva posato il piede, il braccio che teneva in alto si fermò a mezz'aria. Sopra la pietra era infatti ben visibile un'impronta del piede della regina.

“Miracolo!” gridò “Guardate, è un vero miracolo!”

Tutti si raccolsero intorno alla pietra guardando sorpresi. Il maestro scosse la testa e disse:

“La nostra regina diventerà una Santa. Persino le pietre si ammorbidiscono sotto ai suoi piedi.”

Alla notizia dell'impronta miracolosa tutti a Cracovia vollero ammirarla. Ogni giorno gruppi di persone si recavano sul posto per poter vedere e toccare la pietra.

Le autorità cittadine ordinarono di incastonare la pietra così come era nelle mura della chiesa in costruzione in modo che, anche dopo molti anni, altre persone potessero ammirare l'impronta miracolosa del piede della regina.

Fino ad oggi possiamo ancora ammirare la pietra nella chiesa dei Carmelitani a Cracovia. La buona regina Edvige diventò Santa.

L'anello di S. Cunegunda

Nel XIII secolo la Polonia si frammentò in tanti piccoli stati. Tutto il paese era diviso in regni indipendenti. Molti principi tentavano di unificare il paese.

Sul trono a Cracovia sedeva in quel momento il principe Boleslao V soprannominato il Timido.

Egli decise di prendere moglie e scelse la principessa Cunegunda, figlia del re ungherese Bela IV.

Cunegunda era una principessa incredibile, non dava valore alle cose materiali e non esitava a donare soldi e cibo ai bisognosi. Era rinomata per avere un grande senso di responsabilità nei confronti dei bisogni spirituali e materiali dei propri sudditi. Si curava in particolare di malati, dei poveri, di vedove e di orfani.

Così il principe Boleslao inviò in Ungheria i suoi ambasciatori per chiedere la mano della principessa Cunegunda. Il re Bela ne fu molto contento ed anche la principessa acconsentì.

In prossimità della partenza per la Polonia, quando il re Bela stava preparando una ricca dote per la figlia, la principessa disse al padre:

“Caro padre non donarmi una dote fatta d'oro e ricchezze.”

“Come? Perché mai?” chiese il re.

“Perché tutte queste ricchezze sono frutto di lacrime e sudore.” rispose la principessa.

“Va bene figlia mia," disse il re, "ti darò allora una servitù numerosa che ti obbedisca come giusto che sia con una vera regina.”

“Non voglio servitù,” disse la principessa, “perchè è segno del vizio.”

“A no? Allora cosa vorresti?” chiese il re preoccupato.

“Desidero solo un tesoro padre.” rispose sorridendo dolcemente Cunegunda. “Il sale! Voglio donarlo alla mia nuova patria.”

“Va bene, riceverai il sale.” acconsentì il re.

Dovete sapere che in quel periodo il valore del sale era pari a quello dell'oro e dell'argento. Una miniera di sale era quello che un campo petrolifero è oggi.

Il re d'Ungheria donò dunque a Cunegunda la migliore miniera del sale ungherese situata nella città di Sighetu Marmaţiei.

La principessa richiese di essere portata in questa miniera per vedere il pozzo più profondo. Una volta sul posto si tolse l'anello d'oro di fidanzamento ricevuto dal

principe polacco e lo gettò nel pozzo dicendo:

“Ora sei mio per l'eternità.”

Dopo ritornò alla regia e disse alle sue dame di corte:

“Sono stanca. Andrò a dormire un pò ma ricordate di non svegliarmi per nessuna ragione fino a quando non mi sveglierò da sola.”

La principessa si addormentò e strane cose iniziarono a succedere. Si scatenò un terribile temporale e con esso delle scosse sotterranee. La gente pensava che la terra sprofonderà. Una delle dame di corte entrò correndo nella stanza della principessa gridando:

“Si alzi, mia signora! Scappiamo!”

Svegliata la principessa, di solito allegra e mite, si arrabbiò moltissimo.

“Vi avevo pregato di non svegliarmi, mentre dormivo massi di sale provenienti dal pozzo nel quale ho buttato il mio anello si stavano spostando verso la Polonia. Sarebbero arrivati a Cracovia se non mi aveste svegliata. Adesso invece si sono fermati!”

“Perdonami mia signora.” disse la dama inchinandosi.

Poco tempo dopo Cunegunda partì per la Polonia. Portò con sè alcuni esperti minatori ungheresi.

Quando si stava avvicinando a Cracovia, il principe le andò incontro.

Vide i viaggiatori ungheresi fermi su una pianura vicino al paese Wieliczka. Smontò dal cavallo e accolse con affetto la fidanzata. Si meravigliò tantissimo solo quando non vide l'anello di fidanzamento sul suo anulare.

L'espressione del principe divertì molto Cunegunda.

“Ho subito una grave perdita!” disse ella allegramente. “Ho perso il tuo anello, ma penso che lo ritroveremo molto presto.”

Dopodiché ordinò ai minatori di munirsi degli utensili appropriati e scavare proprio nel posto dove si trovavano. A queste parole il principe, non riuscendo a comprendere perché mai un gioiello perso in Ungheria dovrebbe ritrovarsi in Polonia sotto a Cracovia, si meravigliò ancora di più. Nel frattempo gli operai iniziarono i lavori con entusiasmo. Dopo una decina di minuti, quando avevano già scavato abbastanza in profondità, la pala di uno dei minatori si fermò su una roccia.

“Non possiamo scavare oltre,” dissero i minatori, “c'è una roccia.”

“Provate a disintegrarla.” disse Cunegunda.

Per un'ora intera provarono a disintegrare la roccia con l'aiuto di martelli e piconi. All'improvviso un urlo di felicità esplose dai sotterranei:

“Sale! Sale! È una roccia di sale!”

“Tiratela sù,” disse la principessa sorridendo misteriosamente al principe meravigliato, “anche noi vogliamo vederla.”

Aiutandosi con un argano i minatori tirarono su un grande masso di sale cristallino. Cunegunda ordinò di romperlo con i martelli. La pietra si spaccò. In quel momento stesso un ragio di sole la colpì. Tra i pezzeti spaccati del sale luccicava l'anello d'oro di Cunegunda.

Il principe lo raccolse e lo diede sorridendo a Cunegunda. La principessa sapeva che il suo desiderio era stato esaudito, la Polonia si era arricchita in sale proveniente dall'Ungheria.

Il minatore che aveva estratto l'anello si chiamava Swietoslaw. La principessa Cunegunda gli donò l'anello affinché potesse servire alle donne della sua stirpe per sempre come il sale sarebbe servito agli abitanti di tutta la Polonia.

Fino ad oggi a Wieliczka e a Bochnia si estrae il sale. Uno dei più vecchi pozzi nella miniera di Wieliczka si chiama "Swietoslaw" dal nome del trovatore dell'anello di Santa Cunegunda.

Se ti dovessi trovare a Cracovia devi assolutamente visitare la miniera nella vicina Wieliczka. Verrai a conoscenza di molte storie interessanti.

Hejnal

Sul Rynek (Piazza del Mercato) di Cracovia sorge la Basilica di Santa Maria. Questa chiesa è dotata di due torri, quella più alta è anche la torre più alta della città. In cima ad essa si può scorgere da lontano una corona dorata il cui compito è ricordare ai viaggiatori che si stanno avvicinando all'antica capitale dei re polacchi. Ogni giorno proprio da questa torre si diffonde un incredibile suono di tromba (hejnal).

Viene eseguito quattro volte, in direzione dei quattro punti cardinali, ma non viene mai portato a termine. Si interrompe sempre bruscamente. È così già da settecento anni. Sarai sicuramente curioso, caro lettore, quale è il motivo ed è proprio di questo che tratta questa leggenda.

Tutto risale al XIII secolo quando le terre polacche erano sotto assedio tartaro. Cracovia era sempre in pericolo. Ma i polacchi quale popolo cocciuto e duro, affrontavano valorosamente gli invasori dagli occhi a mandorla.

Un giorno a Cracovia si diffuse la notizia che un'altro gruppo di Tartari, questa volta molto numeroso e pericoloso, si stava avvicinando alle mura della città. Le autorità cittadine convocarono in riunione i cittadini più saggi.

“Ci sono giunte notizie preoccupanti sui Tartari che si stanno dirigendo verso la città.” iniziò la riunione il sindaco. “Dobbiamo decidere il da farsi.”

“Li ha visti qualcuno?” chiese un cittadino “Potrebbe trattarsi solo di dicerie.”

“Infatti, non sarebbe la prima volta.” lo sostenne un'altro “Non bisogna

diffondere il panico.”

“Un pastore ritiene di aver visto un accampamento barbaro a due giorni di viaggio dalla città.” disse il comandante delle guardie cittadine.

“Non avrà bevuto troppo miele per caso?” rise uno dei capi. “Forse ha fatto un pò di confusione?”

“Ha! Ha! Ha!” la sala riunioni risuonò.

“Silenzio, cittadini!” disse alzando la voce il sindaco. “Ora che Cracovia è in pericolo non è il caso di scherzare!”

“Ben detto!” gridarono alcuni. “dobbiamo rinforzare la guardia ed essere più vigili. Tutti i favorevoli alzino la mano.”

Stranamente, nonostante gli scherzi, si alzarono moltissime braccia. Si decise dunque di stare all'erta evitando feste rumorose e facendo attenzione a qualsiasi cosa succedesse intorno alle mura della città. avano le ore. L'atmosfera, inizialmente nervosa, mutò col tempo. La città tornò al suo ritmo abituale. Nel frattempo il sole iniziava a tramontare ed il crepuscolo stava arrivando. Tutt'intorno si fece grigio e presto la notte scese sulla città. Era una notte particolarmente buia, una notte fredda e nebbiosa.

Il trombettiere che ogni giorno suonava lo Hejnal dalla torre della Basilica di Santa Maria aveva dei brutti presentimenti e non riusciva a dormire. Poiché il

suo turno iniziava la mattina successiva decise di fare una eggiata per la città. Camminava pensieroso per le stradine della città addormentata.

Ogni tanto incontrava delle sentinelle in veglia munite di armi e fiaccole.

All'improvviso si rese conto che la sicurezza della sua città dipendeva da alcune guardie che prima o poi sarebbero entrate da qualche parte a bere un boccale di miele. Se i Tartari avessero invaso la città proprio in quel momento, l'avrebbero conquistata subito.

Decise dunque di recarsi sulla torre della Basilica di Santa Maria per vegliare. Scrutò attentamente l'orizzonte ma non vide nulla di preoccupante. Le ore avano piano. Quando il cielo si schiarì leggermente, un'ombra in movimento in lontananza, catturò l'attenzione del trombettiere. All'inizio non fu in grado di capire cosa fosse ma dopo qualche istante riconobbe le silhouette tipiche dei cavalieri tartari. Vedendo ciò sentì il sudore freddo scendere lungo la schiena. Impaurito in un primo momento si sporse dalla torre e gridò:

“I Tartari! I Tartari! Alle armi! Alle armi!”

Ma nessuno lo sentì, tutta Cracovia stava dormendo con gusto. Non sapeva cosa fare, il cuore gli batteva sempre più forte mentre il nemico si stava avvicinando sempre di più. Poi il suo sguardo si posò sulla trombetta che luccicava in un angolo. Si! Finalmente sapeva cosa fare! La afferrò ed iniziò a suonare il suo Hejnal. I toni acuti della trombetta si intrufolavano sotto i tetti delle case, entravano senza invito dalle porte e finestre. Nelle case si accesero le candele, la gente uscì sulle strade. Il trombetiere suonava sempre più forte!

Intanto il cielo si schiariva sempre di più. Correndo fuori sulle strade, gli abitanti di Cracovia videro una cosa incredibile. Gruppi di invasori tartari ancora più numerosi si avvicinavano alle mura della città. Ad ogni momento una pioggia di freccie tartare cadeva sulla città.

Il trombettiere suonava sempre più forte. Era ormai diventato chiaro che i Tartari non erano riusciti a cogliere di sorpresa la città. Le mura brulicavano di difensori. Acqua e pece bollivano in grandi pentoloni svuotati continuamente sulle teste degli attaccanti.

“Sulle mura! Alle armi!” gridavano “Gettare la pece!”

“Chi è sano che prenda le armi! Bisogna difendere la città!”

Purtroppo i difensori cadevano in continuazione colpiti dalle freccie tartare. Ma questo fu di incitamento agli altri.

“Presto! Riusciremo a respingere il nemico!”

“Lottiamo per i caduti!”

“Gettare la pece!”

Nel frattempo i Tartari sempre più numerosi si arrampicavano sulle mura di Cracovia salendo le scale. Per fortuna non gli riusciva troppo bene perché erano

continuamente disturbati dalla pece.

Improvvisamente la melodia del trombettiere si interruppe. Una delle freccie tartare lo colpì alla gola prima che finisse di suonare la composizione.

“Cosa è successo?!” gridarono i difensori.

“La melodia non si sente più.”

“Cosa è successo al trombettiere?”

“È stato colpito da una freccia tartara!”

La morte del trombettiere spinse maggiormente tutti i difensori al combattimento. Poco dopo gli invasori vennero respinti. Gli abitanti di Cracovia non avevano né forze né voglia di festeggiare la grande vittoria. Venne proclamato il lutto cittadino perchè tutti si resero conto che, se nono fosse stato per il coraggio del trombettiere, tutti loro sarebbero andati incontro ad un terribile destino.

In ricordo di questo avvenimento, la stessa melodia interrotta bruscamente qualche centinaio di anni prima, risuona ancora oggi dall'alto della torre Mariacka della chiese di Santa Maria a Cracovia.

Non ci credete? Ascoltate voi stessi!

Il chakra di Wawel

Sul colle Wawel a Cracovia si trova il castello regale chiamato Wawel. Il castello è il ricordo dei tempi in cui Cracovia era capitale del regno polacco.

Nell'ala ovest del castello, al di sotto del porticato di Batory si trovano i resti di una chiesa romana dedicata a San Gereon. Sotto ai suoi fondamenti si trova un chakra, la cosiddetta "pietra del Wawel". Questa pietra è fonte di un'incredibie potere che dona enorme forza spirituale.

Secondo gli esoterici il chakra è quel posto sulla terra dove si concentrano delle radiazioni positive. In ato i costruttori innalzavano in questi posti templi ma anche interi villaggi.

Il chakra di Cracovia è legato ad una leggenda induista. Secondo la leggenda Dio sparse sulla terra sette pietre sacre. I posti in cui caddero sono immuni da qualsiasi tipo di cataclisma e sfortuna. Una di esse sembra sia caduta proprio a Cracovia sul colle Wawel. Le altre invece si trovano a Delhi, La Mecca, Delfi, Gerusalemme, Roma e Velehrad.

Purtroppo la cappella di San Gereon è chiusa al pubblico. Tuttavia i turisti in visita al castello possono scorgere una folla di persone accoccolate vicino alle pareti della cappella. Secondo queste persone il chakra dà la sensazione del flusso di energia, aumento di temperatura, aumento della pressione e accelerazione del battito cardiaco. Attirate dal potere del chakra da molti anni numerose persone si recano sul colle Wawel per assaporare l'energia del chakra e guarire dalle malattie.

Fa stupire solo l'atteggiamento della direzione del Wawel che nega qualsiasi informazione riguardante il chakra.

Se ti dovessi trovare a Cracovia avrai l'occasione anche tu di constatare l'effetto del chakra.

Due fratelli e due torri

Sulla Piazza del Mercato (Rynek Glowny) a Cracovia sorge una chiesa bellissima, la Basilica di Santa Maria. Possiede essa due torri. Non ci sarebbe nulla di strano se non che una delle due torri è più bassa. Perché le due torri non hanno la stessa altezza come in tutte le altre chiese?

Nel XIII secolo sotto il regno del re Boleslao il Timido, Cracovia era una città rinomata e ricca. I cittadini decisero di finanziare la costruzione di una chiesa oggi chiamata Basilica di Santa Maria. Per costruire la chiesa venne chiamato un professionista ungherese che terminò i lavori per tempo e tornò a casa. Qualche settimana più tardi però i cittadini di Cracovia ritennero che la grandezza della chiesa non era paragonabile a quella delle altre chiese europee. Decisero dunque di integrare il corpo della chiesa con due alte torri. Le autorità cittadine si riunirono per decidere a chi affidare questo compito. Alla riunione partecipò anche il vescovo Iwo.

“Dovremmo chiamare un professionista ungherese.” propose uno dei capi cittadini.

“Dall'Ungheria? Come se da noi mancassero i costruttori.” replicò un altro.

“È un lavoro difficile.” disse un terzo. “Ce la faranno i nostri costruttori?”

“Ce la faranno sicuramente!” gridavano gli uni.

“Vogliamo gli Ungheresi!” gridavano gli altri.

“Silenzio! State calmi per favore!” disse alzando la voce il vescovo Iwo. “Ho sentito dire che a Poznan vivono due fratelli, rinomati costruttori. Entrambi hanno finito gli studi presso delle università italiane e sono riusciti a innalzare parecchie costruzioni stupefacenti. Chiameremo loro!”

“Per evitare inutili litigi prego che tutti i favorevoli ad ingaggiare i due fratelli per la costruzione alzino la mano.” disse il capo.

“Ben detto! È giusto così!” gridarono tutti i presenti.

Venne dunque fatta una votazione e la maggioranza fu propensa affinchè i due fratelli polacchi guidassero i lavori. Anche il vescovo appoggiò tale decisione.

Due settimane più tardi i due fratelli giunsero a Cracovia. Decisero di dividere il lavoro: il fratello maggiore doveva costruire la torre Sud mentre il minore quella Nord. Il fratello maggiore destinò una porzione più grande di terreno per le fondamenta affinchè la sua torre fosse più stabile e riuscisse a raggiungere un'altezza appropriata. Il fratello minore diede meno importanza alle fondamenta ed in cambio inziò a costruire prima. Credeva infatti che quanto prima sarebbe riuscito a finire i lavori tanto più grande sarebbe stata la fama ottenuta.

Gli abitanti di Cracovia osservavano con attenzione l'avanzamento dei lavori di costruzione. Folle intere di guardoni si raccoglievano giorno per giorno sulla Piazza del Mercato e non riuscivano a capacitarsi della velocità alla quale procedevano i lavori. Ogni giorno pesanti carri carichi di materiali si fermavano di fronte alle torri in costruzione.

Il fratello maggiore lavorava con il sorriso sulle labbra.

“Ho fatto bene a fare delle fondamenta forti. La mia torre sarà alta, arriverà fino alle nuovle!” si vantava con i anti.

“La mia torre sarà più alta!” diceva senza convinzione il fratello minore.

Inizialmente i lavori procedevano alla stessa velocità. Ma con il ar del tempo il fratello maggiore ò avanti.

La torre Sud era molto più alta di quella Nord.

Questo faceva molta rabbia al fratello minore. Sapeva infatti che ben presto avrebbe dovuto chiudere la costruzione. Aveva fatto dei basamenti troppo fragili per riuscire ad eregere una torre così alta.

Qualche giorno più tardi, quando a fine giornata i due fratelli si incontrarono in piazza, il fratello maggiore disse:

“Sai, guardando la bellissima Cracovia dall'alto della mia torre ho pensato che è arrivato il momento di sistemarmi. Forse a costruzione terminata mi stabilirò qui per sempre.”

“Forse si, forse no.” rispose il fratello minore dopodichè andò via soffocando la rabbia.

Le parole del fratello maggiore lo fecero infuriare. Decise di nascondersi in una locanda dove rimase a bere per tre giorni e tre notti. Voleva affondare nell'alcol l'odio nei confronti del fratello che si era dimostrato un costruttore molto più abile di lui.

Il giorno successivo il fratello maggiore non si presentò al cantiere. Si volatilizzò. Dopo qualche giorno di assenza gli abitanti di Cracovia preoccupati iniziarono le ricerche, ma il fratello maggiore non si trovava da nessuna parte. La gente inziò a dire che doveva essere successo qualcosa di terribile. Intanto il fratello minore continuava i suoi lavori sulla torre Nord. Fece coprire la sua torre con una bellissima cuppola appuntita, mentre quella del fratello con un semplice tetto. Ora la sua torre era più alta!

Quando le impalcature vennero tolte la torre Nord apparse in tutto il suo splendore. Leggera e slanciata si innalzava sopra Cracovia con orgoglio. Tutti gli abitanti della città la ammiravano. Persino il vescovo in persona rimase stupefatto vedendola. A causa della conclusione dei lavori a Cracovia si diffuse la contentezza generale, la gente era orgogliosa della nuova bellissima chiesa.

Solo il fratello minore non era contento. Dal giorno della scomparsa del fratello maggiore era invecchiato moltissimo, camminava con la testa abbassata, non parlava con nessuno. Si chiudeva a casa, parlava da solo, pregava e urlava.

“Sarà impazzito per via della scomparsa del fratello maggiore,” diceva la gente, “peccato.”

Il giorno della consacrazione della chiesa, sulla piazza si raccolse una grande folla. Tutti volevano partecipare ad un avvenimento così importante anche

perché doveva esserci lo stesso principe.

Mentre la gente aspettava l'inizio della cerimonia, all'improvviso qualcuno gridò indicando la torre:

“Guardate, sulla torre, è proprio il giovane costruttore.”

Quando i cittadini lo videro iniziarono immediatamente ad esultare. Il fratello minore fece segno con la mano che voleva dire qualcosa e, una volta fattosi silenzio, urlò con voce inquietante:

“Maledetto me, desideravo che la mia fama durasse secoli! Mio fratello è stato un costruttore più abile ed io non sono riuscito a sopportarlo! L'ho ucciso con questo coltello! Ora non posso più vivere con questo reato sulla coscienza!”

Dopodiché alzò il coltello in modo che tutti lo vedessero e subito dopo si buttò dalla torre morendo sul colpo.

In ricordo di quanto accaduto e affinché nessuno uccidesse mai più un fratello, quel coltello è tuttora appeso sulla parete di una delle arcate di Sukiennice sulla piazza.

La Dama Nera

Sopra il distretto di Cracovia chiamato Podgorze si innalza il colle Lasoty da un antico nome proprio ovvero Lasota. Su questo colle c'è un posto chiamato "Na zboju" che prende il nome dal fatto che il colle era sempre pieno di banditi. Di qui ava infatti la via commerciale che donduceva da Cracovia fino in Ungheria. I banditi attaccavano qui i ricchi commercianti che trasportavano merce di valore. C'era qui anche una locanda dove i banditi si riunivano per mangiare, bere e pianificare le loro rapine.

Sul colle Lasoty viveva anche una bellissima principessa dai capelli d'oro. Aveva un palazzo stupendo, moltissimi servi, bauli ricolmi d'oro, argento e gemme preziose. Anche se aveva l'aspetto di un angelo era cattiva e perfida come il diavolo in persona. Costringeva i suoi sudditi a pagare tasse altissime riducendoli alla fame e povertà. Era così avida da prendere anche gli ultimi soldi in loro possesso. Trascorreva la sua vita in prosperità e destinava le monete percepite per organizzare banchetti e soddisfare ogni suo capriccio.

Una sera come al solito si stava divertendo ad un banchetto. All'improvviso il cielo si coprì di nubi nere, tuonò e si scatenò una grandissima bufera. La principessa si avvicinò alla finestra per ammirare questo spettacolo e proprio in quel momento fu colpita da un fulmine.

Dopo la morte della principessa il suo palazzo si fece vuoto, non utilizzato si ridusse in rovine. I anti dicevano che all' interno succedevano cose strane. Si diffuse la notizia che il palazzo era infestato da spiriti.

Per eliminare le dicerie, il palazzo vene distrutto e al suo posto venne costruita una piccola chiesa. Ma nemmeno questo fu d'aiuto. Ogni notte nelle vicinanze della chiesa si sentivano pianti e lamenti. Alcuni ritenevano di aver visto un personaggio misterioso - la Dama Nera - chiedere aiuto. Nessuno però aveva il coraggio di ascoltarla. Vedendola tutti si rifugiavano nelle case.

La notizia di strani accadimenti sul colle si diffuse ben presto nei dintorni. Un giorno un vecchio eremita che abitava nella foresta vicina decise di fare un sopraluogo. Si recò di notte sul colle, si fermò vicino alla chiesa e a mezzanotte vide la Dama Nera. Vedendolo lo spirito disse con voce implorevole:

“Aiutami bon uomo. Ti supplico!”

“Chi sei? Perché piangi?” chiese il vecchio.

“Sono una principessa!” rispose la Dama Nera. “In vita ero la padrona di queste terre, avevo un palazzo bellissimo e non mi mancava niente. Sono stata maledetta perché ero cattiva ed ora ogni notte girovago per il mondo in cerca di aiuto.”

“Davvero?” chiese il vecchio eremita. “Come posso aiutarti?”

“Affinché la mia anima possa trovare pace” disse la Dama “bisognerebbe che un uomo coraggioso sperperi il denaro come ho fatto io. Per un anno e sei domeniche, ogni giorno a mezzanotte, troverà sotto alle mura della chiesa cento monete d'argento. Il giorno successivo dovrà spenderli per soddisfare il suo fabbisogno di cibo e bevande. Una volta portato a termine il compito, otterrà il tesoro che io stessa nascosi sul colle Lasoty mentre ero in vita. Ma deve essere prudente! Se non porterà a termine il compito il diavolo lo porterà all'Inferno.”

“Ormai io sono vecchio.” disse l'eremita. “Non mi prenderò carico di questo compito.”

“Ti supplico, sei la mia sola speranza!” pianse la Dama Nera.

Il vecchio era di buon cuore e disse:

“Va bene, ti aiuterò. Anche se io stesso non posso prendere questo impegno, troverò qualcuno che lo faccia.”

“Grazie! Grazie! Andrai in paradiso per la tua bontà!” esultò la Dama Nera dopodiché sparì.

Il vecchio fece come disse. Iniziò a girare per villaggi chiedendo misericordia per la cattiva principessa. Nessuno però aveva nè coraggio nè voglia di aiutare la Dama Nera.

arono alcuni anni. Un soldato povero e solitario fece ritorno da una missione di guerra. Il vecchio si rivolse proprio a lui dicendo:

“Salve soldato! Ho sentito che sei forte e coraggioso!”

“Salve eremita!” rispose ridendo il soldato. “È vero, sono giovane, forte e coraggioso!”

“Ho sentito dire in giro che non sei molto ricco.” disse il vecchio “Sarebbe ora

però di sistemarti, sposarti, farti una casa.”

“Si, mi servirebbe del denaro perché sono povero, ma come guadagnarlo?” rispose il soldato.

“Io so come potrai guadagnare.” disse il vecchio abbassando la voce. “Avrai bisogno solo di coraggio.”

Al che raccontò al soldato la storia della Dama Nera e gli parlò del compito che da così tanti anni aspetta un valoroso per essere portato a termine. Ascoltando le parole del vecchio, il soldato pensò:

“L'apetito da lupo ce l'ho, reggo bene l'alcol, bisogna provare, o la va o la spacca.”

A mezzanotte in punto si presentò sul colle. Ai piedi della chiesa lo spirito lasciò cento monete. Il soldato le contò velocemente, fece un saluto e se ne andò via marciando. All'alba si recò nella locanda più vicina. Ordinò le pietanze più buone: quaglie arrosto, il paté di cinghiale e per dessert una torta di mele. Accompagnò tutto con vino e grappa più costosi.

All'inizio tutto andava per il verso giusto, ma col ar del tempo sempre peggio. Il suo stomaco di soldato, abituato ad un cibo semplice, sopportava con difficoltà piatti pieni di svariate prelibatezze. Anche con il vino e la grappa iniziava ad avere dei problemi. Ma non poteva più tornare sui suoi i. L'ultimo giorno della sfida stava tornando a casa tutto felice all'idea che l'indomani avrebbe ricevuto il premio quando, ando sopra il ponte sul fiume Vistola, incontrò un mendicante che faceva elemosina. Ebbe pietà del poveraccio

e senza pensarci due volte gli diede l'ultima moneta.

Il diavolo, che si era travestito da mendicante, stava aspettando solo questo momento. Prese il soldato e lo portò all'inferno.

Mai più nessun altro provò a salvare l'anima della principessa. La Dama Nera attende tutt'ora il suo salvatore. Ancora oggi durante la notte sul colle Lasoty si sentono i suoi lamenti supplichevoli.

Il girovago misterioso

Tanto tempo fa un girovago sconosciuto si stava dirigendo verso Cracovia. Il tempo era terribile, pioveva a dirotto e soffiava vento così forte che il nostro girovago si inzuppò tutto. Quando inziò a scendere la notte decise di riparasi in alcuni fabbricati costruiti nelle vicinanze. Si trattava di uno dei tanti villaggi che circondavano Cracovia, c'erano tante case belle e grandi.

Il girovago bussava alle porte dei ricchi contadini, ma nessuno voleva aprire.

“È uno sconosciuto, un girovago, ci sporcherà sicuramente tutta la casa. Che vada dal vicino, lo ospiterà sicuramente. Non c'è bisogno di crearci dei problemi,” pensavano i ricchi padroni di casa.

Da porta a porta il girovago attraversò l'intero villaggio e, quando aveva ormai perso ogni speranza, vide un casetta. Decise di provare anche lì, bussò e ...

La porta si aprì, all'interno proprio al centro della stanza vide un giovane uomo. Alla vista dello sconosciuto questo disse:

“Entra signore, potrai scaldarti e asciugarti.”

Indicò quindi un posto a tavola proprio accanto al caminetto.

“Avrai molta fame?” chiese il giovane uomo.

“Ho molta fame.” rispose lo sconosciuto.

“Allora ti invito per cena.” disse contento il giovane. “Ti prego di scusarmi signore perché la cena non sarà molto ricca in quanto sono un uomo povero.”

Quando si misero a tavola, il padrone di casa disse con orgoglio che sua moglie aveva appena partorito un bimbo ed era dunque un giorno particolarmente felice le per lui. Dopo la cena il girovago stanco come era si addormentò subito.

La mattina dopo il padrone di casa offrì allo sconosciuto una ricca colazione e per il viaggio qualche patata bollita. Il girovago ringraziò felice e chiese:

“Che nome hai scelto per tuo figlio?”

“Ancora non l'ho scelto signore,” rispose il contadino, “deve sicuramente essere un nome tale da non offendere nessuno.”

“Io mi chiamo Casimiro,” disse il girovago, “magari il mio nome andrebbe bene?”

“Davvero? Sarai d'accordo signore?” chiese il contadino perché il nome del girovago gli piacque molto.

“Certo, sono d'accordo,” il girovago sorrise, “dimmi ancora chi hai intenzione di invitare al battesimo del figlio?”

“Non ho nessuno da invitare perché io sono l'unico contadino povero nei dintorni, gli altri sono tutti ricchi e quindi non ho il coraggio di invitarli.”

“Visto che hai scelto il mio nome, invita me come padrino,” disse il girovago.

“Ti invito signore!” Esultò il contadino molto contento. Decise di prendere in affitto un carro e un cavallo per andare al battesimo da grandi signori.

“Va bene, allora domani verrò al battesimo,” disse il girovago. “Non ti offenderai spero se mia moglie verrà con me.”

“Assolutamente,” disse il contadino, “sarà un piacere ospitarvi.”

“Allora a domani,” aggiunse il girovago mentre andava via.

Verso mezzogiorno del giorno successivo tutto il villaggio era in subbuglio. Sulla strada dalle parti di Cracovia stava procedendo un corteo incredibile.

In testa c'erano cavalieri dalle armature luccicanti in sella a splendidi cavalli, bandiere multicolori e subito dopo una carrozza decorata con l'oro.

Tutti gli abitanti uscirono dalle case per ammirare l'incredibile spettacolo. Dalla folla proveniva

“Quale personaggio importante sta venendo a trovarci senza preavviso?”

Tutto il corteo attraversò il villaggio non fermandosi da nessuna parte. Si fermò soltanto di fronte alla casa del povero contadino alla fine del villaggio. Dalla carrozza scese il re in persona Casimiro il Grande che era il girovago misterioso. Salutò il povero padrone di casa, lo ringraziò ancora una volta per l'ospitalità e dopo invitò lui con tutta la famiglia a salire sulla carrozza per recarsi a Cracovia. Andarono al battesimo non come grandi signori ma come dei veri re.

In questo modo il figlio di un povero contadino, tenuto in braccio dal re, venne battezzato dal vescovo in persona nella cattedrale reale sul colle Wawel. Per festeggiare il loro figlioccio il re e la regina organizzarono una grande festa al castello di Wawel. Da quel momento in poi il piccolo Casimiro ebbe il futuro assicurato sotto la protezione del suo padrino regale.

I ricchi padroni di casa del villaggio a loro volta, rimpiansero moltissimo di non aver ospitato il girovago misterioso.

La testa di Wawel

Questa storia ebbe luogo nel XVI secolo sotto al regno del re Sigismundo Augusto (l'ultimo re della stirpe dei Jagelloni) quando Cracovia era ancora capitale della Polonia. Nel castello reale sul colle Wawel c'è una stanza representativa detta Sala dei Deputati. In questa sala si tenevano le riunioni del Parlamento, il re vi riceveva i deputati di altri regni e vi si tenevano anche le udienze. Il soffitto della Sala dei Deputati è decorato con delle teste incastonate nei cassettoni che lo ricoprono. Si tratta di teste di persone appartenenti a caste diverse: re, nobili, soldati, cortigiani, cittadini ecc. Questo doveva simboleggiare come i re polacchi tenevano alla sorte di tutto il popolo senza alcuna discriminazione sociale.

Un giorno il re Sigismundo Augusto sedeva nella Sala dei Deputati cercando di risolvere le dispute dei cittadini. Dopo qualche ora trascorsa ad ascoltare le lamentele era cosi stanco che sognava di chiudere il più velocemente possible l'ultima causa. Così ascoltò solo una delle due parti coinvolte nel conflitto ed emise il verdetto.

I cittadini presenti nella salla rimasero sorpresi e considerarno il verdetto ingiusto. Nessuno però ebbe il coraggio di contrastare le parole del re. Tutti guardavano in silenzio la disperazione della persona trattata ingiustamente.

All'improvviso nella sala rimbombò una voce misteriosa:

“Re Sigismundo sii giusto nei tuoi verdetti!”

In tutta la sala si diffuse il silenzio. I cortigiani si guardarono con sorpresa. Anche il re sorpreso gridò:

“Chi ha il coraggio di mettere in dubbio le mie decisioni?!”

“Re Sigismundo sii giusto nei tuoi verdetti!” disse la voce di nuovo.

“Chi sei?” chiese il re scrutndo tutta la sala. Non ottenne risposta perchè tutti i presenti stavano in silenzio.

“Re Sigismundo sii giusto nei tuoi verdetti!” disse la voce per la terza volta.

In quel momento uno dei giovani cortigiani alzò la mando e gridò:

“Guardi lì mio signore! Lì sul soffitto! A parlare è una delle teste!”

Il re ed i cortigiani guardarno nella direzione indicata e la testa parlò per la quarta volta:

“Re Sigismundo sii giusto nei tuoi verdetti!”

Tutti persero la parola inizialmente impressionati. Dopo qualche istante di silenzio i cortigiani guardarono interrogativamente il re. Il re corruccio la fronte e disse:

“Annullo il verdetto precedente! Ascolterò nuovamente entrambe le parti.”

Così trascorse altre quattro ore ad ascoltare e dopo averci pensato bene emise un nuovo verdetto!

L'affronto della testa incastonata nella soffitta della Sala dei Deputati non venne dimenticato dal re. Lo fece arrabbiare così tanto che l'indomani dell'accaduto ordinò di tapparle la bocca. Da quel giorno nessun'altra testa della soffitta ha osato parlare di nuovo.

Il re tuttavia tirò le sue conclusioni e, da quel momento in poi, ascoltò sempre entrambe le parti prima di emettere un verdetto. In questo modo tutti i suoi verdetti furono giusti.

Il tumulo di Krak

Molti secoli fa un uomo ricco chiamato Krak viveva a Cracovia. Anche se portava il nome del buon re Krak non gli assomigliava per niente: era tirchio, senza pietà ed amava sperperare il denaro. Trascorreva interi giorni ed intere notti nelle locande dove spendeva i soldi in molteplici piaceri senza preoccuparsi di nulla.

Una sera, una vecchietta bussò alla porta della sua grande casa.

“Buon uomo,” chiese “sono povera e non ho soldi nemmeno per mangiare, aiutami con qualche moneta.”

“Cosa!? Devo pagarti da mangiare! Che sfacciataggine! Vattene subito!” gridò Krak dopodichè chiuse la porta della sua bellissima casa.

“Come è possibile?!” pensò ancora arrabbiato, “qualcuno mi ha chiesto di dargli i miei soldi guadagnati con sudore senza che io abbia nessun ritorno. Impossibile!”

Quella notte dormì molto male. Fece un sogno bruttisimo. In sogno vide la vecchietta che cacciò ed una voce misteriosa predisse che un giorno anche lui avrebbe chiesto aiuto ad altre persone.

L'indomani Krak si alzò stanchissimo e molto spaventato, ma pensò che si trattava solo di un incubo. Quindi continuò a divertirsi di gusto nelle locande sperperando il denaro.

Krak era un uomo solitario e l'unica persona che lui avesse mai amato era sua madre molto malata. Un giorno sua madre iniziò a sentirsi molto peggio del solito. Il figlio chiamò immediatamente il medico. La diagnosi non fu buona. Krak decise di dover salvare la madre a tutti i costi. Iniziò a spendere molti soldi per i medici e per le medicine. Dovette vendere la sua bellissima casa ed in cambio ne affittò una più modesta. I soldi ricavati dalla vendita della casa finirono molto presto. Nonostante i suoi sforzi la madre non migliorava ed intanto Krak divenne povero.

Non avendo altra scelta iniziò a chiedere aiuto agli altri:

“Aiuto buone persone. Non chiedo niente per me! E' per curare la mia amatissima madre! Prometto che ridarò tutto! Vi supplico...”

Camminava per le strade di Cracovia in cerca di aiuto ma tutti lo respingevano. Nessuno voleva aiutare un uomo povero. Fu allora che ricordò il sogno premonitore e pianse.

Una volta mentre, dopo un giorno intero di suppliche inutili disperato tornava a casa, sulla strada incontrò una vecchietta, la stessa che una volta mandò via dalla sua porta. Vedendola si gettò ai suoi piedi implorado perdono:

“Ti prego perdonami! Ero un uomo cattivo, tirchio e senza pietà! Ero cieco, non vedevo le altre persone! Adesso sono povero e la mia povera vecchia madre ammalata sta muorendo! Perdonami! Prometto che cambierò!”

“Ti perdono,” disse la vecchietta, “perchè hai provato quello che provano i poveri. Se vuoi salvare la vita di tua madre devi fare quanto ti dirò.”

“Farò tutto quel che mi ordinerai!” gridò Krak. “Qualunque cosa!”

“Dovrai costruire un grane tumulo in questo posto,” disse la vecchietta, “quando finirai tua madre guarirà.”

“Ti ringrazio mia Signora!” esultò Krak inchinandosi ed andò via, “Lo farò!”

Per sei mesi Krak lavorò duramente notte e giorno. Quando un altissimo tumulo fu pronto sua madre guarì. Da quel momento Krak cambiò il suo modo di vivere, divenne un uomo buono e caritatevole. In memoria di questa storia la gente chiamò il grande tumulo proprio "Tumulo di Krak".

Le colombe incantate di Cracovia

La Piazza del Mercato a Cracovia è un posto incredibile. Brulica di turisti, abitanti locali e di famose fioriste cracoviane che qui vendono dei fiori bellissimi. Tuttavia le colombe sono le più numerose. Non si tratta di colombe comuni come quelle che si trovano in tutte le altre città polacche, quelle cracoviane sono fuori dal comune perchè incantate.

Questa storia ebbe luogo nel periodo in cui le terre polacche erano divise in regioni da ormai centocinquanta anni.

Ciascuna delle regioni era governata da un principe il che provocò l'indebolimento dell'intero paese. Per anni, molti principi tentarono di unificare il regno. Nel 1289 Enrico IV il Giusto divenne il principe di Cracovia. In quanto uomo molto ambizioso decise non solo di unificare il paese ma anche di diventarne il re. A quei tempi per diventare re bisognava ottenere il consenso di tutti gli altri principi e del papa. Questo si poteva raggiungere con l'aiuto di un esercito forte e se si era in possesso di una montagna di soldi.

Purtroppo in seguito a interminabili guerre il Tesoro del principe si era prosciugato. Il principe pensò a lungo su come procurarsi i soldi per andare a Roma e per coprire le immancabili spese della coronazione. Infine non riuscendo a trovare soluzione convocò in riunione i suoi consiglieri.

“Vorrei unificare tutte le terre polacche e conquistare la corona regale,” disse il principe, “ma per far questo mi servono soldi. Consigliatemi cosa fare.”

“C'è un modo principe,” propose timidamente uno dei consiglieri, “ma...”

“Che modo?” chiese il principe. “Parla senza paura!”

“La gente dice che qui a Cracovia vicino al castello abiti una maga capace di fare magie,” disse il consigliere, “lei può aiutare.”

“Va bene, conducila qui.” disse il principe dopo averci pensato a lungo.

I servi del principe andarono dunque dalla maga. La condussero nel castello al cospetto del principe Enrico. La maga ascoltò il principe e disse:

“Conosco un modo affinchè tu possa ottenere il tanto desiderato denaro signore.”

“Che modo è? Dimmelo subito!” disse il principe alzando la voce.

“Non so se sarai d'accordo...” disse la maga

“Parla finalmente!” il principe diventava sempre più impaziente.

“Andrai mio signore dal papa da solo, senza i tuoi cavalieri,” parlava la maga, “lascerai i tuoi cavalieri a Cracovia ed io gli trasformerò in colombe, ma non preoccuparti la trasformazione non sarà durevole. Quando tornerai con la corona regale e riuscirai a unificare le terre polacche, loro torneranno ad essere cavalieri.”

Alle parole della maga il principe divenne pensieroso. Ci pensò molto a lungo, il suo volto prese un aspetto severo, era chiaro che stava esitando. Infine prese la sua decisione.

“Va bene, faremo come consigli, compi le tue magie,” disse il principe scuotendo la testa.

“Come desideri signore,” rispose la maga.

La maga tornò nelle sua casa, prese uno dei vecchi e spessi libri nel quale secoli prima vennero scritte le parole magiche e pronunciò l'incantesimo. Questo bastò affinchè la magia funzionasse!

Accadde una cosa strana, i cavalieri del principe si tramutarono in comuni colombe grige. Gli uccelli presero il volo facendo dei cerchi sopra la testa del principe. La maga ordinò loro di volare sulla torre della chiesa di Santa Maria che sorgeva nelle vicinanze. Qui, le colombe incantate inziarono a togliere con i loro becchi le pietre dalle pareti in modo che cadessero per terra trasformandosi in monete d'oro.

Il principe ordinò ai servi di raccogliere le monete, riempire con esse dei sacchi di pelle e caricali sui carri. C'erano moltissimi soldi, si dice che furono caricati quattro carri stracolmi. Adesso il principe poteva finalmente realizzare i suoi due desideri di unificare la Polonia e ottenere la corona regale. Aveva i soldi ma non possedeva più un esercito perchè tutti i cavalieri furono tramutati in colombe!

Dopo che tutte le monete furono raccolte il principe partì per Roma. Il viaggio era lungo e molto stancante per cui il principe si fermava spesso per mangiare

qualcosa nelle locande. Amava mangiare le pietanze più care e bere vini e miele migliori. Essendo una persona molto socievole invitava alla sua tavola anche gli altri viaggiatori. Così non aveva ancora fatto metà strada quando si accorse che i sacchi di soldi erano vuoti.

Il principe sperperò tutto l'oro destinato al papa e morì sulla strada di ritorno.

Così il principe Enrico non tornò mai più a Cracovia e le colombe incantate non ritornarono mai alle loro sembianze umane.

Le colombe incantate di Cracovia non temono le persone. A volte siedono sulle spalle dei anti cercando nella folla il principe Enrico di ritorno con la corona...

Lajkonik

Una volta all'anno a Cracovia si tiene uno spettacolo incredibile. Il primo giovedì dopo la festa del Corpus Domini il capo tartaro detto "Lajkonik" gira per le strade della città. L'avvenimento inzia a mezzogiorno e dura sei ore. Lajkonik assieme al suo corteo attraversa le strade di Cracovia fino alla Piazza del Mercato, facendo visita ai negozi, locande e ristoranti. Gli abitanti locali che vi si imbattono si mettono in posa per ricevere un tocco con la sua mazza perchè questo porti loro fortuna per tutto l'anno.

Durante il suo aggio Lajkonik fa un triplo cerchio ed esegue una danza magica con la bandiera. A mezzanotte in Piazza del Mercato percepisce il pagamento dalle mani delle autorità citadine e fa un brindisi alla prosperità del regno e dei suoi abitanti. Vi starete sicuramente chiedendo da dove proviene questa usanza. Eccovi la sua storia.

Il fatto accadde nel XIII secolo quando le terre polacche erano sotto assedio dei Tartari. Si trattava di guerrieri dagli occhi a mandorla provenienti dalla lontana Mongolia, erano coperti di vesti in pelle e cavalcavano dei grandissimi cavalli. I loro attacchi causarono la distruzione di innumerevoli città e villaggi. Anche Cracovia venne più volte assediata dai Tartari che divennero in poco tempo l'incubo della città.

Una calda sera d'estate le truppe tartare senza essere notate si stavano avvicinando alle mura cittadine. Per evitare di combattere nella notte decisero di accamparsi e partire all'attacco la mattina successiva. I Tartari desidero di accamparsi sulle spiaggia della Vistola nei pressi del villaggio detto Zwierzyniec.

Stanchi dopo il lungo viaggio si addormentarono subito e sognarono dei tesori che avrebbero conquistato a Cracovia.

Fortunatamente della loro presenza si accorsero in tempo i cosidetti "wloczkowie" che stavano attraversando la Vistola. Si trattava di addetti alla raccolta del legno trasportato dal fiume Vistola. Coraggiosi ed abituati a lavorare duramente non ebbero paura dei Tartari. Armati di remi e asce attaccarono i guerrieri asiatici mentre dormivano. L'attacco che sferrarono fu così forte da ottenere una vittoria indiscutibile in pochissimo tempo. In mezzo a loro un giovane dal nome Staszek diede prova del suo coraggio uccidendo il capo dei Tartari.

Dopo aver sconfitto i nemici si raccolsero intorno ad un fuoco ed in quanto gente d'umore parlarono così:

“Abbiamo ottenuto una grande vittoria,” disse Staszek.

“Si è vero, grandissima,” confermarono gli altri, “peccato solo che nessun abitante della città l'abbia visto.”

“Possiamo sempre cambiare le cose.” disse Staszek sorridendo.

“Cosa ti è venuto in mente?” chiedevano gli altri.

“Facciamo agli abitanti di Cracovia uno scherzo!” sparò Staszek. “Facciamo loro prendere un pò di paura.”

“Come? Parla subito!” gridarono gli altri.

“Faremo così,” disse ridendo Staszek, “ci travestiremo da Tartari, saliremo sui loro cavalli e conquisteremo Cracovia!”

“Ha! Ha! Ha!” risero tutti in coro, “buona idea Staszek! Faremo proprio così!”

“Io mi metterò i vestiti del capo dei Tartari e procederò in testa!” gridò Staszek.

Così fecero. Si misero i vestiti dei guerrieri tartari, montarono sui loro cavalli e partirono alla volta di Cracovia. Staszek cavalcava con orgoglio in testa. Indossava una tunica turca di tela multicolore, sul capo aveva un turbante fastosamente decorato e spillato con una mezzaluna, al fianco teneva sciabole dalla lama incurvata ed in mano la mazza. Sembrava un vero condottiero tartaro.

Non appena superarono i cancelli, in tutta la città scoppiò il panico e una grande confusione.

“I Tartari! I Tartari! Aiuta o Signore!” si sentivano le grida. “Bruceranno la città, deruberanno, ci faranno schiavi!”

Fu solo quando "wloczkowie" si tolsero il travestimento e racontarono gli avvenimenti della notte precedente la felicità tornò a regnare tra gli abitanti della città.

“Evviva Staszek!” esultavano i cittadini. “Evviva i nostri valorosi salvatori!”

Gli abitanti di Cracovia in segno di riconoscenza organizzarono una grande festa per i loro salvatori. Le autorità cittadine decisero che ogni anno a giugno il capo dei Tartari sarebbe entrato a Cracovia capeggiando un corteo ed è rimasto così fino ad ora.

Il prete che volle diventare vescovo

Tanto tanto tempo fa a Cracovia viveva un prete che desiderava diventare vescovo. Ogni giorno pregava ardentemente affinchè questo suo desiderio si avverrasse.

Una sera decise di andare a pregare nella chiesa di San Giuseppe. Una volta arrivato sul posto si inginocchiò di fronte al quadro della Madre di Dio ed iniziò a pregare. Era ormai abbastanza tardi e la chiesa era vuota. Si era concentrato così tanto sulla preghiera da non accorgersi delle porte di entrata chiudersi con gran fragore. Alzò la testa solo quando il rumore risuonò accanto a lui, ma non scorse nessuno. All'improvviso sentì una voce di donna pronunciare le seguenti parole:

“Esaudirò il tuo desiderio e ti farò diventare vescovo. La gente ti rispetterà, vivrai in prosperità, dovrai solo esaudire un mio desiderio.”

Il prete sorpreso si guardò intorno, ma la chiesa era vuota. Pensò un attimo di aver avuto un miraggio. Decise comunque di chiedere:

“Quale è il tuo desiderio?”

“Quando diventerai vescovo mi libererai dalla mia sofferenza.” disse la voce femminile.

Il prete si alzò, si girò su sè stesso ma nella chiesa non c'era nessuno.

Si convinse che fu la Madre di Dio a parlargli perché stava pregando di fronte al suo dipinto. La poltrona vescovile in cambio della liberazione dalle sofferenze. “Doveva trattarsi per forza di lei!” esclamò nei suoi pensieri. Quindi fece la promessa e tornò a casa.

ò un anno ed il nostro prete divenne vescovo. Decise dunque di realizzare la promessa fatta alla misteriosa voce femminile. Si mise le vesti vescovili festive e si recò nella stessa chiesa di San Giuseppe. Si inginocchiò di fronte all'altare ed iniziò a pregare. All'improvviso udì dietro di sè un rumore. Si girò e vide una giovane donna vestita di nero. La donna disse con voce piangente:

“Sono stata io a predire che diventerai vescovo ed a me facesti la promessa. Sono una principessa che uccise suo padre per avidità. Sto facendo penitenza ormai da molti anni per le mie cattive azioni.”

“Come posso aiutarti?” chiese il vescovo.

“Distruggi l'altare di questa chiesa!” gridò a voce così alta da fargli are dei brividi lungo tutta la schiena. Ora comprese che non fu la Madre di Dio a parlargli. Per un momento esitò ma il desiderio di mantenere la carica di vescovo prevalse. Prese un bastone pesantissimo e lo alzò contro la statua della Madre di Dio, ma si ravvide in tempo comprendendo quale terribile azione stava per compiere. Il suo braccio cadde senza forza, lui si inginocchiò ed iniziò a pregare. Fu in quel istante che vide dinnanzi a sè la Madre di Dio.

“Non sei stato in grado di distruggere l'altare, hai superato una prova difficile. Sei un buon uomo e la misericordia di Dio scenderà su di te,” disse la Madre di Dio.

Udendo queste parole il vescovo volle baciare la veste della Madre di Dio, ma ella sparì tanto velocemente quanto velocemente era comparsa. Il vescovo si guardò e vide che stava portando di nuovo la semplice veste nera di un prete. Allora era un sogno - pensò. Tutto quanto, a partire dalla voce misteriosa fino al vescovato, era solo un'illusione. Guardò intorno. Davanti all'altare per terra c'era un bastone. Allora non era un sogno. Si inginocchiò di nuovo di fronte all'altare chiedendo ardentemente perdono per l'azione indegna che stava per compiere. Quindi fece ritorno a casa.

In seguito a questo avvenimento il prete si recò ogni sera nella chiesa di San Giuseppe per chiedere perdono per le sue azioni e pregare per il perdono delle colpe di tutti i peccatori.

Decise anche di prendersi cura della chiesa di San Giuseppe, di circondare di aiuto tutti i bisognosi e di adorare ardentemente la Madre di Dio.

Molti anni più tardi, grazie alle sue azioni e preghiere, venne proclamato vescovo. Gli abitanti di Cracovia continuarono ad elogiare la sua bontà e nobilità d'animo per molto tempo.

Il pozzo di Tyniec

A sud-ovest del centro di Cracovia, nella città di Tyniec, costruito su ma roccia calcarea si erge il convento dei Benedettini. Il convento è stato fondato dal re Boleslo il Valoroso il quale, negli anni ottanta del XI secolo, vi fece arrivare i monaci e fece costruire una basilica romana con le pietre locali. La basilica fu ristrutturata più volte e le forme barocche acquisite nella prima metà del XVII secolo si sono mantenute fino ad oggi.

Sul cortile di fronte al convento si trova un pozzo il cui livello d'acqua è pari a quello del fiume Vistola che scorre nelle vicinanze. Di questo pozzo tratterà questa leggenda.

Tutto accadeva molto tempo fa quando sul trono polacco sedeva il re Casimiro il Grande e l'abbazia di Tyniec era sotto il controllo dell'abate Iwo.

Tra i cavalieri del re c'erano due amici che si chiamavano Jasko e Staszko. Insieme andavano in guerra e a cacciare, durante i tornei non combattevano mai l'un contro l'altro. Erano inseparabili e affiatati come due fratelli ma anche diversi come acqua e fuoco. Jasko - impulsivo e violento, sempre pronto ad afferrare la spada, Staszko - divertente, sempre pronto ad aiutare gli altri.

Un giorno litigarono. Jasko arrabbiato uccise con un solo colpo di spada l'amico. Quando la notizia della morte di Staszko si diffuse tra i cavalieri reali, alcuni non ci vollero credere, altri gridarono "vergogna, uccidere all'improvviso come un bandito, dovrebbe come un bandito morire impiccato".

Quando il re venne a conoscenza dell'accaduto convocò Jasko e gli chiese:

“È vero che hai ucciso Staszko?”

“Si è vero mio amatissimo re. L'ho fatto perchè egli ha mancato di rispetto alla mia dignità di cavaliere e al mio buon nome!” disse Jasko, guardando il re dritto negli occhi.

“Allora ti ha sicuramente fatto un grave torto,” il re corrugò la fronte. “Ma anche tu hai sbagliato perchè ti sei fatto giustizia da solo invece di portare la tua causa dinnanzi al cospetto del re. Dimmi ora che cosa ti ha fatto Staszko di così terribile ed io giudicherò la tua colpevolezza.”

“Quando stavamo cacciando,” disse Jasko, “la mia freccia ferì un cervo senza abbatterlo e questo riuscì a rifugiarsi nel bosco. Prima che io riuscissi a mandare la seconda freccia, Staszko sparò la sua e uccise il cervo. Questo mi fece arrabbiare così tanto da usare la spada.”

A queste parole il re si infuriò e disse:

“Non ti ho fatto cavaliere perché tu uccidessi come un bandito ma perchè tu difendesi la legge, difendessi i deboli ed aiutassi il tuo paese! Non sei degno di portare nè la cintura nè gli speroni di un cavaliere. Visto che hai agito come un bandito, da bandito verrai impiccato.”

In quel periodo l'abbate del convento di Tyniec era ospite presso la regia. Era conosciuto per la sua saggezza.

Udendo la sentenza del re disse:

“Re sii misericordioso, risparmia la vita a questo giovane.”

Le sue parole stupirono molto il re.

“Non temere, o re,” disse, “risparmiagli la vita e consegnalo a me, non scamperà ad una penitenza adeguata, io stesso penserò come punirlo accertandomi che eseguirà tutto.”

Il re pensò per un momento dopodiché disse:

“Che sia fatto come dici.”

L'abbate ringraziò il re e si rivolse a Jasko:

“Ascolta, non sei più un cavaliere nè tantomeno un uomo libero. Il re misericordioso ti consegnò a me affinché tu pagassi per le tue colpe. Come penitenza scaverai nella roccia di Tyniec un pozzo. Il pozzo dovrà essere abbastanza profondo da procurare acqua per tutto il convento e tutte le truppe della nostra fortezza. Quando riuscirai a far questo la tua penitenza sarà finita. Questa è la mia volontà e decisione.”

Così giorno e notte Jasko scavò il pozzo senza mai vedere il sole i cui raggi non arrivavano in fondo al pozzo. Il pane e l'acqua gli venivano calati con l'aiuto di

una corda mentre il materiale dello scavo veniva tirato su in una cesta.

Jasko scavò per molti anni, il pozzo diventava sempre più profondo ma non si vedeva mai la fine dei lavori. Una notte, quando Jasko stava riposando, scorse il suo amico ucciso. Lo spirito gli parlò dicendo:

“Sono qui perchè la tua penitenza è arrivata a termine. Ti perdono ed ora ascoltami attentamente. Quando domani mattina caleranno il cesto, batti ancora una volta sulla roccia e sali in fretta nel cesto facendo sì che ti portino il più velocemente possibile in superficie perché il pozzo si riempirà d'acqua.”

Dopo aver pronunciato queste parole lo spirito scomparve. Il giorno dopo Jasko fece tutto quanto gli disse di fare lo spirito dell'amico. Non appena salì nel cesto e venne riportato in superficie il pozzo si riempì d'acqua. Si scatenò un grande subbuglio e si diffuse la felicità generale. Tutti uscirono fuori dal convento per guardare, solo Jasko si rifugiò in un angolo, cadde in ginocchio per ringraziare Dio e l'amico morto. Questo pozzo esiste fino ad oggi sul cortile del convento di Tyniec.

I tesori di Krzysztofory

Sulla piazza del mercato a Cracovia, all'angolo della via Szczepanska si erge un palazzo detto Krzysztofory. L'edificio venne costruito nel XVI secolo. Nei sotterranei del palazzo lungo tutta la piazza si trovano le prigioni e numerosi aggi misteriosi.

Secondo la leggenda, un tempo il palazzo era abitato dal famoso mago e alchemico Cristoforo il quale sapeva tramutare piombo in oro. Si dice che conservasse l'oro così ottenuto proprio nei sotterranei del palazzo e lo fe custodire dal diavolo in persona.

Quando l'alchemico morì nuovi inquilini si stabilirono a Krzysztofory. Tuttavia nessuno osò mai scendere nelle cantine.

Gli anni avano quando un giorno la cuoca decise di cucinare per pranzo il brodo di pollo. Nel momento in cui stava per uccidere il volatile questo, liberandosi dalle sue mani, volò via nei sotterranei. La donna che desiderava prenderlo assolutamente non si rese conto di essere scesa molto in profondità all'interno dei sotterranei. Finì per perdersi nel buio. Quando alla cieca cercava di ritrovare la strada di ritorno, all'improvviso si accese una luce e vide uno strano personaggio. Si trattava di un gallo con in testa delle corna.

“Chi sei?” gridò la cuoca

Il gallo, che i realtà era il diavolo, le parlò con voce umana:

“Non mi uccidere, ti prego. In cambio ti darò tutto l'oro che sarai in grado di

portare con te.”

La cuoca non ci pensò due vote, porse il grembiule ed il diavolo lo riempì d'oro. Quindi mostrò alla donna la strada per l'uscita dicendo:

“Ricorda solo di nom guardare mai indietro perché perderai tutto.”

La cuoca spaventata camminava velocemente seguendo la fiamma misteriosa creata dal diavolo. Quando era arrivata all'ultimo gradino delle scale, la sua curiosità ebbe la meglio e si girò. In quello stesso istante la porta per la cantina si chiuse tagliando alla donna un tallone. L'oro che portava nel suo grembiule si tramutò a sua volta in sabbia senza valore.

Da quel momento in poi i tesori di Krzystofory rimasero nascosti. Chissà se l'oro del diavolo si trova ancora lì...

La campana di Sigismundo

A Cracovia sul colle Wawel c'è il castello reale detto Wawel. Qui nella parte nord della cattedrale, all'interno della torre di Sigismundo, batte il cuore polacco ovvero la più famosa delle campane polacche detta campana di Sigismundo.

La campana venne costruita nel 1520 sulla richiesta del re polacco Sigismundo il Vecchio della dinastia dei Jagelloni. Sulla campana ci sono gli stemmi della Polonia e della Lituania per simboleggiare un'eterna alleanza tra i due paesi.

La campana era così grande e pesante che ci vollero cento buoi per tirarla in alto sulla torre. Per farla muovere ci vogliono dodici uomini ben addestrati.

La campana di Sigismundo si fa sentire soltanto durante occasioni speciali: giorni festivi religiosi e nazionali ma anche nei momenti di grande importanza per Cracovia e per la Polonia.

Molte leggende sono legate alla campana. Si dice che per costruirla il re fece fondere i cannoni e le armi dei nemici conquistati in modo che il suono della campana fosse un augurio di pace per l'intero paese.

Quando hanno fuso la campana il poeta della corte del re gettò nella miscella di rame, zinco e piombo le corde del suo liuto. Per questo motivo il suono della campana è cosi particolare e non è simile a quello di nessun'altra campana di quelle dimensioni. Il suo suono è sordo, spezzato ed allo stesso tempo delicato e dolce.

Il suono della campana ha anche un potere misterioso: scaccia le nuvole e porta

il bel tempo. Toccare il cuore della campana porta fortuna e garantisce un matrimonio perfetto alle ragazze.

Una vecchia profezia narra che quando il cuore della campana scoppierà una grande sventura capiterà alla Polonia e chiunque osasse distruggere la campana di Sigismundo andrà incontro ad un destino terribile.

Esterka

Alla fine del XIV secolo in Polonia regnava il re Casimiro della dinastia dei Piast. Era un re buono e giusto, sotto il suo regno tutto il paese stava fiorendo in prosperità. Si dice che arrivò in una Polonia fatta di legno e la lasciò fatta di cemento. Per questo ed in segno di riconoscenza i sudditi gli diedero l'appellativo di "Grande". Il re Casimiro il Grande aveva solo una debolezza, si innamorava facilmente e rimaneva spesso coinvolto in storie e avventure d'amore eggere.

La leggenda racconta che arrivato ad una certa età il re era solito viaggiare per il paese. Un giorno mentre attraversava la città Opoczno una giovane ragazza catturò la sua attenzione. Era una ragazza dalla bellezza esotica, non molto alta ma di bel aspetto. Il colore e la morbidezza della sua carnagione ricordavano un'albicocca. I suoi capelli erano neri, lunghi e lucenti, gli occhi saggi e dal colore del miele. Il suo viso dal sorriso misterioso ricordava una rosa appena sbocciata.

Vedendo una donna dalla bellezza così sconvolgente, il re gridò al conducente:

“Fermati! Ferma i cavalli!”

Quindi saltò giù dalla carrozza come un giovanotto, si avvicinò alla ragazza e le chiese:

“Come ti chiami?”

“Non parlo con gli sconosciuti signore.” rispose la donna leggermente

infastidita.

“Cosa?” si sorprese il re dopodiché disse gentilmente. “Permetti che mi presenti allora, mi chiamo Casimiro e sono il re della Polonia!”

“Perdonami, o signore! Non lo sapevo!” esclamò la donna facendo un inchino. “Sono Esterka.”

“Abiti a Opoczno?” chiese il re.

“Si mio signore. Sono figlia di un venditore ebreo.” rispose Esterka.

Il re invitò Esterka ad un banchetto e dopo un lungo corteggiamento la giovane donna divenne sua amante. Al re non poteva certo dire di no.

Il re si innamorò della bellissima Esterka, la portava sempre con sè in viaggio per il paese. Ordinò persino che una regia stupenda venisse costruita per lei a Opoczno e la donna ci si stabilì.

Molto presto però gli ebrei abitanti Opoczno vennero a sapere che Esterka non consumava pasti Casher e non festeggiava il Shabbat. Per punirla decisero di lapidarla. Fortunatamente venne avvertita in tempo riuscendo a fuggire dal re.

Venuto a sapere questo il re Casimiro si arrabbiò moltissimo.

“Come osano gli ebrei! Vogliono uccidere la mia amata!” gridava il re. “Se ne pentiranno! La pagheranno cara!”

“Cosa hai in mente mio signore?” chiese Esterka spaventata.

“Farò impiccare tutti gli ebrei di Opoczno!” disse il re alzando la voce.

“Non farlo mio re,” pianse Esterka, “dimostrati pieno di misericordia e pietà, signore.”

“Mi stai chiedendo di essere misericordioso,” si sorprese il re, “ti volevano far del male.”

“È vero signore,” disse Esterka inchinandosi, “ma non è colpa loro!”

“Non è colpa loro?” chiese il re, “e di chi?”

“Miasignore,” disse Esterka abbassando la voce. “Gli ebrei sono molto religiosi, vivono rispettando i comandamenti della nostra fede. Io non li rispettavo, è colpa mia. Perdonali signore. Ti prego.”

Udendo le parole della sua amata il re divenne molto pensieroso. Pensò per un attimo dopodiché decise di accontentare Esterka. Per evitare che questo tipo di

situazione si ripetesse in futuro, portò l'amante con sè a Cracovia.

Tuttavia a Cracovia, lontana dai suoi fratelli ebrei, Esterka non si trovava bene. Vedendo la tristezza della sua amata, il re ordinò la costruzione di una città per gli ebrei. La città sorse nelle vicinanze di Cracovia e prese il nome dal re Casimiro. Esterka vi si stabilì in una bellissima casa in via Krakowska 46. Si dice che il re fece costruire un aggio sotterraneo che collegasse la casa con il castello reale sul colle Wawel. Il aggio permetteva agli amanti di incontrarsi in segreto.

Il re Casimiro ebbe da Esterka due figli maschi e qualche figlia. I figli maschi furono educati secondo la tradizine cattolica, le figlie invece secondo la tradizione ebraica. In seguito ad una richiesta di Esterka il re riconobbe a tutti gli ebrei abitanti il regno polacco molti privilegi e libertà. Da allora in poi, tutti gli ebrei perseguitati in altri paesi dell'Europa, arrivarono numerosi in Polonia e vi si stabilirono.

Oggi la città Kazimierz (dal nome del re Casimiro) è un quartiere di Cracovia.

Un matrimonio ebreo

In via Szeroka a Cracovia di fronte alla Sinagoga Remuh si trova un piccolo posto recintato.

Molti anni fa c'era in questo posto un cimitero ebreo. Nessuno sa chi fossero le persone qui sepolte perché non ci è mai stata alcuna tomba. Una leggenda è legata anche a questo posto.

Secoli fa un ricco ebreo abitante a Cracovia decise di maritare sua figlia. Le trovò un candidato adeguato proveniente da una ricca famiglia di ebrei che abitava in un'altra città. Venne organizzata la festa del fidanzamento ed il padre preparò una ricca dote. Il matrimonio doveva tenersi nella casa che si trovava di fronte alla Sinagoga Remuh. La cerimonia era stata programmata per venerdì pomeriggio in modo da fare in tempo prima del riposo del Shabbat.

Il Shabbat è un giorno dedicato dagli ebrei interamente a Dio, non è consentito organizzare in quel giorno nessun matrimonio nè nessuna festa.

Venerdì verso mezzoggiorno si venne a sapere che la famiglia dello sposo non sarebbe arrivata in tempo per il matrimonio. Qualche ora più tardi gli ospiti ritardatari arrivarono ma fu evidente che ormai non sarebbero riusciti ad organizzare la festa prima del Shabbat. Il padre della sposa era molto religioso e voleva rimandare la celebrazione ad un altro giorno della settimana. Ma i genitori dello sposo non ne vollero sapere. Si decise dunque che il matrimonio sarebbe stato celebrato. Il rabbino della Sinagoga Remuh sposò la giovane copia e avvicinandosi il tempo del Shabbat disse:

“Miei cari dovreste aspettare con i festeggiamenti fino alla conclusione del Shabbat.”

“Assolutamente no, il matrimonio deve aver luogo oggi!” protestò il padre dello sposo.

“Forse sarebbe meglio aspettare.” il padre della sposa appoggiò timidamente il rabbino.

“No, no e ancora no!” questa volta protestarono entrambi i genitori dello sposo. “La festa si farà oggi.”

Udendo queste parole il padre della sposa prese il rabbino sottobraccio, si appartò con lui e gli chiese abbassando la voce:

“Cosa fare?” consigliami per favore.

“Cosa fare?” il rabbino pensò un attimo. “Lo so, devi fare una festa breve dopodiché verrai in Sinagoga a pregare come comanda la nostra fede. Non c'è altro modo.”

“Dici bene!” il padre della sposa si rallegrò. “Faremo proprio così.”

“Non dimenticartelo!” il rabbino lo ammonì. “Quando inizierà il Shabbat interrompete la festa!”

Quindi il rabbino tornò in Sinagoga. Nel frattempo la festa era iniziata. Gli ospiti si stavano divertendo molto, ballavano accompagnati dalla musica a volume altissimo, mangiavano e bevevano. Non si accorsero che si era fatto tardi e che il Shabbat era iniziato. Non ascoltarono gli avvertimenti del rabbino di santificare il giorno santo. Una terribile punizione cadde su di loro. All'improvviso, la terra iniziò a tremare e si aprì una voragine. La casa, dove stavano festeggiando, assieme a tutti i presenti cadde nella voragine che divenne la loro tomba. Nessun ebreo osò scavare, il posto venne coperto con terra e circondato da un recinto. Si dice che ancora oggi, ando accanto alla Sinagoga Remuh, si sentono i lamenti degli ospiti presenti a quel matrimonio.

Da quel momento in poi, venerdì a Cracovia non si celebrano più i matrimoni ebrei.

FINE